(in un noto
film degli Anni Duemila):
la letteratura
itineraria ed i suoi significati allegorici, dall'Antichità ad oggi
di K.Minýas
Nello scorso mese d’ottobre (*) Rete Quattro ha rivisitato in
veste televisiva un vecchio soggetto letterario di Herbert George Wells, The
Time Machine, il primo romanzo da lui scritto. Era il 1895 e subito quel libercolo di stampo
fantascientifico – se ci è concesso d’usare il termine ante litteram –
lo rese celebre, poiché fu tradotto in molte lingue (1). Il tema d’un viaggio meccanico attraverso la
temporalità è passato però agli onori delle cronache mondane soltanto nel 1960,
allorché il regista G.Pal mise in pellicola per conto d’un produttore
britannico (2) il libro senza dubbio maggiormente famoso dello scrittore
anglosassone, di cui s’additano influenze vittoriane (Dickens, Meredith). Di quel film è stato fatto un remake
nel 2002, niente affatto scontato, da parte del pronipote Simon Wells. Indubbiamente, per quanto riguarda il testo
in causa ed altri del filone di genere fantastico-scientifico si deve
addebitare una preponderante influenza tanto sulla soggettistica quanto sullo
stile narrativo al celebre autore francese Jules Verne, forse il vero padre
della fantascienza (3), a sua
volta ammiratore di De Foe e Poe.
Come si collochi invece simile tematica
del viaggio mistico attraverso le spire serpentine del tempo nell’ambito della
letteratura britannica ed europea piú in generale, è presto detto. Fuori del novero, ovviamente, stanno quelle
opere di semplice erudizione storico-antropologica da parte di autori greci
quali Erodoto (V sec. a.C.) o Pausania (II sec. d.C.) nonché i cd. Itineraria
d’autori minori latini del III-IV sec. d.C. Circa tutto il resto, sarà d’uopo
rammentare che i primi viaggî letterarî europei in funzione edificante furono
condotti alla volta dell’Eden, secondo quel che è stato documentato a suo tempo
dal Graf nel suo maxi-art. Il mito del Paradiso Terrestre (4). Nell’App.I questi raccolse tutte le
principali citazioni sull’argomento, da Tertulliano (II sec. d.C.) a F.Frezzi
(XIV sec.), passando fra numerosi autori tra i quali San
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Basilio Magno (IV sec.) ed A.Neckam (XII-III sec.); nell’App.II eran menzionate le fonti dell’escursione leggendaria di Seth, paradigma di tutte le altre di natura biblica (5). La tradizione cristiana clericale e dotta s’è snodata in parallelo alla riesumazione in chiave nazionalistica delle tematiche misterico-itinerarie dell’epica delle varie culture indoeuropee, nonché ai percorsi fiabistici ed iniziatici dei tradizionali e regionali fairy tales.
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Basilio Magno (IV sec.) ed A.Neckam (XII-III sec.); nell’App.II eran menzionate le fonti dell’escursione leggendaria di Seth, paradigma di tutte le altre di natura biblica (5). La tradizione cristiana clericale e dotta s’è snodata in parallelo alla riesumazione in chiave nazionalistica delle tematiche misterico-itinerarie dell’epica delle varie culture indoeuropee, nonché ai percorsi fiabistici ed iniziatici dei tradizionali e regionali fairy tales.
Vedi ad es. la leggenda italo-celtica del
‘Paese dove non si muore mai’ (6), versione popolare di quell’Aurea
Civitas menzionata nell’Apocalisse di S. Giovanni e del pari nel
folclore hindu, particolarmente kashmiro (Kanakapura). Per giungere a quella meta agognata, alfine
perduta per distrazione e sciocca soggezione alla Morte in forma di Carrettiere,
il protagonista visita la sede di 4 mitici Antenati che hanno la barba
rispettivamente fino al petto, alla cintola, ai ginocchî ed ai piedi (7). Codesto viaggio apparente nello spazio
indefinito circostante è in realtà un viaggio nel tempo in doppia direzione,
prima a ritroso e poi invertito (come ogni iniziazione prevede); ma
l’illusione del giovane itinerante di potersi reinserire nel vecchio mondo dove
lui aveva vissuto, come se nulla fosse successo, farà sí che l’inevitabile
consunzione del tempo annientatore d’ogni cosa lo travolga nel vano tentativo
d’un ritorno prima alla propria comune dimora e poi a quella immortale.
Piú spesso il viaggio paradisiaco
risultava maggiormente generico, al modo di quello dei leggendarî personaggî
ornitomorfici del poema didattico-allegorico neo-persiano di genere masnavî
La Lingua degli Uccelli (Manteqo ’t-teir), di F.Attar (XII-XIII sec.), ispirato ad un trattato quasi omonimo di Al Ghazzâlî. In tal caso tuttavia è al Paradiso Celeste
che bisogna guardare, sebbene il Castello del Sîmorgh (ovvero lo Shâh-morgh,
il ‘Re degli Uccelli’) si situi sulla tipica montagna sacra in apparenza, e
non in cielo; ma è un monte fatato, “velato di mille veli di luce e di tenebra”
(8).
Trattavasi insomma d’una doppia eredità,
della cultura classica da un lato e di quelle barbare od orientali
dall’altro. Basti pensare agli antichi
itinerarî di certi personaggî mitologici (titanici o semidivini) quali Apollo
od Eracle, invero figure solari, verso il Paese degl’Iperborei. Oltremodo curioso che negli sviluppi recenti
della letteratura e del cinema di fantasia nomi altisonanti quali Kronos
e Hyperborea siano addivenuti, nella trasformazione sub-culturale del
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simbolo in mera invenzione fantastica occorsa nel mondo odierno, il primo un conquistatore cosmico (9) e l’altra una sede ultragalattica (10).
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simbolo in mera invenzione fantastica occorsa nel mondo odierno, il primo un conquistatore cosmico (9) e l’altra una sede ultragalattica (10).
Nella Tarda Antichità si ebbero pure
viaggî in cerca della leggendaria Thoúlê ( lat. Thýlê ), di cui
ci narrò il navigatore marsigliese del IV sec. a.C. Pitea (11). Al di là degli etimi eruditi riportati spesso
fuori luogo dagli specialisti, la parola greco-latina sembra non risalire ad un
terminologia nordica, bensí al comune etimo indoeuropeo indicante un’estensione
piatta, donde il lat. tellus (’terra’) ed il scr. tala (‘superficie’). Alla medesima radice si
collegano, del resto, il gr. hylê (‘selva’) ed il scr. ilâ (‘terra’, nel senso probabilmente di superficie boscosa). Quest’ultima voce è altresí rintracciabile
nel composto Ilâvarta (‘Terra Nascosta’), da cui è possibile derivi
realmente l’idea variamente diffusa d’una Thule – in sostanza ‘Terra’ –
scomparsa. Se non mostrassero i loro
soliti radicati pregiudizî etnocentrici, che fanno mostra d’aver messo da parte
ma che inconsapevolmente o meno detengono ancora nel profondo, gli scrittori
con idee destrorse si accorgerebbero che Thule non può esser mai stata la
patria degl’Indoeuropei. Dato che
l’Indoeuropeo è una famiglia linguistica, frutto d’indagini contemporanee, non
un ceppo etnico. Semmai era la patria,
secondo le leggende, dell’originaria Razza Bianca di cui ci parlano i testi
sacri hindu o certe tradizioni elleniche e ciò costituisce assolutamente
un’altra cosa. Visto che, come
riconoscevano d’altronde due esperti in materia come Evola e Guénon, a quella
mitica terra beata – chiamata Tullan e tratteggiata nei sacri dipinti in
forma di Montagna Bianca col Sole-Albero-Dio-Uomo-Capo al Centro – si
richiamavano analogamente popoli appartenenti ad altre etnie extraeuropee quali
i Toltechi.
La saga dell’eroe gaelico Oisin/ Ossian,
l’Eroe-cerbiatto volto alla ricerca del Tir na nOg (12), esemplifica viceversa i viaggî di
beatificazione di cultura barbaro-occidentale, prima dei quali andrebbero
tuttavia annoverate le ‘Navigazioni’ (Immrama), narrazioni di
visionarî percorsi marittimi a mezzo d’imbarcazioni incantate (13), in
seguito cristianizzate nel fantasioso periplo di San Brandano (Navigatio
Sancti Brendani)(14). La
‘Terra di Giovinezza’ era collocata ora ad occidente ( cfr. col mito atlantideo
), ora a settentrione (cfr. col mito iperboreo, narrato da Plutarco e
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Diodoro Siculo). Negli ultimi due libri del poema indiano del Mahâbhârata troviamo, egualmente, i Panduidi in viaggio alla volta del Monte Meru, situato al centro dell’Ilâvarta. Il che dimostra che il Dvîpa (‘Isola-continente’) originario non poteva esser semplicemente l’Artide, ma estendevasi tutt’attorno nell’ambito della superficie un tempo emergente, di sicuro diversa da quella odierna.
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Diodoro Siculo). Negli ultimi due libri del poema indiano del Mahâbhârata troviamo, egualmente, i Panduidi in viaggio alla volta del Monte Meru, situato al centro dell’Ilâvarta. Il che dimostra che il Dvîpa (‘Isola-continente’) originario non poteva esser semplicemente l’Artide, ma estendevasi tutt’attorno nell’ambito della superficie un tempo emergente, di sicuro diversa da quella odierna.
Tutti gl’itinerarî spaziali dei quali
abbiamo parlato rappresentavano simultaneamente degl’itinerarî temporali,
secondo logica. In quanto miravano a
delineare il passato aureo della storia umana, cercando di riportarlo almeno
virtualmente nel presente, in vista d’una reale reintegrazione futura con
esso. Si consideri, in proposito, il
mitema del perpetuo ritorno. Ad essi
eran seguiti in tempi cristiani, lungo il corso della civiltà tardoantica e poi
di quella medievale, paralleli viaggî aventi quale meta il ritrovamento
dell’Eden. Come bene ci ha illustrato il
Graf (15). Il mondo islamico, in
particolare Nîzamî, ha impiegato altri simboli come la Fontana di Giovinezza
dislocata nell’Oscura Contrada o Terra dell’Oscurità, cui l’Eroe Iskandar
(Alessandro Magno) – che il Qûr.- xviii. 82 definisce enigmaticamente
il ‘Bicorne’ – vorrebbe attingere assieme al saggio e verde-tunicato Khizr (16),
ma la sostanza rimane la stessa.
Trattasi, in un modo o nell’altro d’una riscoperta del Paradiso Perduto,
la quale risale nei suoi prodromi a vetusti poemi come quello sumero di
Ghilgamesh. Pure Iskandar, non troppo
diversamente dall’eroe mesopotamico, fallisce comunque nella cerca. Poiché, se il primo vede sfumare la Pianta di
Eterna Giovinezza per essersi addormentato, il secondo analogamente vede
svanire la magica ‘Fonte’ una volta raggiunta.
Rientrando piú specificamente
all’interno della letteratura anglosassone, le prime allucinanti e luciferiche
visioni del futuro risalgono alla Nova Atlantis del falso imperâtor
rusicrociano Francis Bacon (17), araldo della scienza applicata
moderna. Veniva agognato, in relazione
ad una ‘Casa di Salomone’ ormai decisamente profanata, un paradiso artificiale
frutto di malsane ed ingiustificate sperimentazioni. ‘Il Mondo Nuovo’ huxleyano ne fu il giusto
erede nel Secolo Ventesimo. Poco dopo
gli ultimi bagliori della saga paradisiaca, rinverdita da parte di John Milton
alla fine dell’Età Puritana (1620-60) col suo Paradise Lost, a partire
dalla
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prima metà del Settecento – che gl’inglesi definiscono l’epoca classica od augustea della loro letteratura – c’imbattiamo in un filone prima inusitato: la novellistica, con Daniel De Foe per pioniere. Soprattutto tramite le arcinote descrizioni del suo The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe (nonché dei due séguiti), ispirate alle quotidiane peripezie per la sopravvivenza d’un marinaio scozzese, certo Selkirk, vissuto per circa un quinquennio sull’isola di Mas-a-tierra nell’Arcipelago di Juan Fernandez, al largo delle coste del Cile. Il successo della novella spinse l’autore ad elaborare due ulteriori storie. Ecco divenire allora predominante la scoperta realistica del mondo ignoto in senso geografico-naturalistico, la qual cosa funse necessariamente da stimolo intenzionalmente positivo per i cambiamenti sociali che si volevano introdurre in patria. Sarà però soprattutto l’irlandese Jonathan Swift, colla sua splendida satira politica dei Gulliver’s Travels, il primo a rianalizzare il vecchio problema del giusto governo molti secoli dopo Platone. Che sono le tragicomiche terre dei nani (Lilliput ), dei giganti ( Brobdingnag) o dei cavalli sapienti dominanti sugli uomini stupidi, oppure l’Isola Volante (Laputa) dei filosofi e degli scienziati pazzi, se non un’allegoria condita col tipico humour britannico dell’irragionevolezza del mondo empirico albionico fra il XVII ed il XVIII secolo?
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prima metà del Settecento – che gl’inglesi definiscono l’epoca classica od augustea della loro letteratura – c’imbattiamo in un filone prima inusitato: la novellistica, con Daniel De Foe per pioniere. Soprattutto tramite le arcinote descrizioni del suo The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe (nonché dei due séguiti), ispirate alle quotidiane peripezie per la sopravvivenza d’un marinaio scozzese, certo Selkirk, vissuto per circa un quinquennio sull’isola di Mas-a-tierra nell’Arcipelago di Juan Fernandez, al largo delle coste del Cile. Il successo della novella spinse l’autore ad elaborare due ulteriori storie. Ecco divenire allora predominante la scoperta realistica del mondo ignoto in senso geografico-naturalistico, la qual cosa funse necessariamente da stimolo intenzionalmente positivo per i cambiamenti sociali che si volevano introdurre in patria. Sarà però soprattutto l’irlandese Jonathan Swift, colla sua splendida satira politica dei Gulliver’s Travels, il primo a rianalizzare il vecchio problema del giusto governo molti secoli dopo Platone. Che sono le tragicomiche terre dei nani (Lilliput ), dei giganti ( Brobdingnag) o dei cavalli sapienti dominanti sugli uomini stupidi, oppure l’Isola Volante (Laputa) dei filosofi e degli scienziati pazzi, se non un’allegoria condita col tipico humour britannico dell’irragionevolezza del mondo empirico albionico fra il XVII ed il XVIII secolo?
Le metafore e le allegorie
dell’Inghilterra settecentesca riecheggiano esclusivamente nei modi le antiche
avventure misteriche. Le nuove avventure
infatti hanno carattere morale, sono prive di connotazioni esoteriche. Non sono semplicemente le vecchie corrette
coi ricordi dei reali viaggî intercontinentali volti alla scoperta di nuovi
lidî ed attuati nel Cinquecento e nel Seicento (18). Questi ultimi, a loro volta, avevano spostato
verso l’America e l’Africa le esplorazioni tardomedievali dell’Asia da parte
dei viaggiatori cristiani o musulmani, i resoconti dei quali (da Mandeville a
Polo, da Alberuni ad Ibn Battuta) apparivano ancora di per sé troppo conditi
di elementi “meravigliosi”, insomma di residui medievali. I viaggî post-esplorativi di Crusoe e di
Gulliver al contrario, pur essendo itinerarî basati sulla finzione letteraria,
hanno preparato inevitabilmente una critica moderna della società feudale in
chiave illuministica e buonselvaggista.
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Tornato in auge brevemente presso i Preromantici (vedi D.G. Rossetti), l’iter iniziatico scadrà presto di nuovo e ancor di piú di prima – questa volta scenderà ad un livello anarco-individualista piuttosto che etico-sociale – col Primo Romanticismo (Wordsworth, Byron ecc.). Nella fase susseguente, che vedrà il trionfo del Secondo Romanticismo e parallelamente d’una concezione filosofico-materialistica della storia, la staticità delle concezioni filosofiche tardo-ottocentesche impedì l’apertura dinamica verso altre mete che non fossero un nuovo riequilibrio politico ed un’aumentata spinta verso il benessere sociale. Le visioni utopiche nei secoli precedenti di Moro e di Campanella, ultimo vero retaggio giunto in età moderna del potere di trasformazione ideale dell’uomo rappresentato dal messaggio paradisiaco, si sono definitivamente addensate ed impoverite nell’economicismo falsamente profetico del socialismo libertario, teorizzante una società senza classi. Dal basso, purtroppo, anziché dall’alto. Qui subentra l’ideologia futuristico-decadente di scrittori quali Wells, nel vano tentativo di rimodellare gli antichi itinerarî spirituali. Meta tuttavia non diviene come una volta la sovrannatura, ma la mera pace politico-sociale. Quel che risulta interessante, in ogni caso, è il fatto che codesta rinnovata visione del mondo non si collochi piú avanti linearmente nel percorso che la distanzia dal passato leggendario, bensí s’avvolga in maniera fluida attorno alle antiche certezze; e, pur misconoscendole in base al sordo punto di vista contemporaneo, le contempli ciononostante in una visione conflittuale fra passato ed avvenire. Al di là dunque delle considerazioni logiche dell’autore sull’esistenza d’una quarta dimensione oltre le normali tre dimensioni spaziali (lunghezza, larghezza ed altezza), che permetterà al protagonista d’inabissarsi o d’elevarsi in qualità di Time Traveller colla sua Time Machine nella Londra d’altri tempi, passati e futuri, quando la città ancora non esisteva o non esisterà piú, rimane la constatazione che Wells pone in antitesi la vita secondo natura degli Eloi colla vita artificiosa dei Morlock. Ai primi ovviamente va il suo consenso, dato che alla fine della storia egli rimarrà con Weena (Mara nel secondo film), la donna amata conosciuta nel futuro.
Riflettiamo perciò adeguatamente sul
punto d’arrivo. Passati in disuso i
viaggî in cerca dei nostri progenitori adamitici ed
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accantonate le ambizioni di ritrovamento di condizioni auree d’esistenza, l’itinerario ha smesso anche di essere geografico ed il ruolo svolto dal viaggiatore rispetto alla propria meta è stato persino ribaltato Ossia De Foe e Swift, pur delineando dei personaggî metaforici ed allegorici, si limitavano in fondo ad esplorare la natura selvaggia e tribale, mostruosa od animalesca, dinanzi all’uomo civilizzato. Il selvaggio dovrà d’ora in poi civilizzarsi, aggiornarsi. Non toccherà all’uomo decaduto riprendere la sua fisionomia a poco a poco perduta nel passaggio dei millennî, come avveniva in precedenza. Le iniziazioni delle confraternite divengono obsolete. Non c’è nulla ormai da cercare se non dentro di noi. Con Darwin infatti Adamo era morto, la scienza lo aveva seppellito senza troppi patemi d’animo. A questo punto l’ingresso di Wells nel mondo letterario non poteva che apportare un cambiamento decisivo, la nuova realtà da lui esplorata essendo la coscienza. È la coscienza difatti, coi ricordi proiettati nel passato ed i sogni proiettati invece nel futuro (cosí s’esprimerà l’Ubermorlock durante la scena di lotta furibonda col Viaggiatore del Tempo), a costituire un reale veicolo attraverso i meandri del divenire temporale.
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accantonate le ambizioni di ritrovamento di condizioni auree d’esistenza, l’itinerario ha smesso anche di essere geografico ed il ruolo svolto dal viaggiatore rispetto alla propria meta è stato persino ribaltato Ossia De Foe e Swift, pur delineando dei personaggî metaforici ed allegorici, si limitavano in fondo ad esplorare la natura selvaggia e tribale, mostruosa od animalesca, dinanzi all’uomo civilizzato. Il selvaggio dovrà d’ora in poi civilizzarsi, aggiornarsi. Non toccherà all’uomo decaduto riprendere la sua fisionomia a poco a poco perduta nel passaggio dei millennî, come avveniva in precedenza. Le iniziazioni delle confraternite divengono obsolete. Non c’è nulla ormai da cercare se non dentro di noi. Con Darwin infatti Adamo era morto, la scienza lo aveva seppellito senza troppi patemi d’animo. A questo punto l’ingresso di Wells nel mondo letterario non poteva che apportare un cambiamento decisivo, la nuova realtà da lui esplorata essendo la coscienza. È la coscienza difatti, coi ricordi proiettati nel passato ed i sogni proiettati invece nel futuro (cosí s’esprimerà l’Ubermorlock durante la scena di lotta furibonda col Viaggiatore del Tempo), a costituire un reale veicolo attraverso i meandri del divenire temporale.
Nella trama del secondo film, ambientato
a N.York anziché a Londra, è aggiunta una parte assente nel primo e nel
romanzo, l’esperienza assai dolorosa della morte della propria beneamata in un
fatale incidente. Alexander Hartdegen
riesce a rivederla tornando indietro nel tempo e la bacia con molto trasporto,
stringendola a sé come mai aveva fatto prima, per timore che l’attimo fugga
via. Tal fatto purtroppo provoca quasi
in lui un senso d’irrealtà, poiché lei non ha coscienza di quello che sta per succederle
e quindi non capisce i gesti apparentemente eccessivi del suo uomo. Alexander vorrebbe tornar indietro di
continuo, al fine di viver senza tragiche interruzioni la storia d’amore colla
propria donna. Sennonché, cosí facendo,
finirebbe per rivivere ripetutamente la personale drammatica esperienza,
vedendo la propria amata assurdamente morire una volta dopo l’altra. Una condizione insomma troppo dura da
accettare. Che mezzo gli rimane allora
per sfuggire alle grinfie di Chronos? Il
tempo è un tiranno terribile, non dà scampo.
La morte ne è una mera schiava, ma è il tempo che in realtà conduce qua
e là la danza della
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creazione e della distruzione del cosmo, rendendo il mondo impermanente. Come insegnano gl’indiani, del resto.
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creazione e della distruzione del cosmo, rendendo il mondo impermanente. Come insegnano gl’indiani, del resto.
Il pronipote di Wells spinge allora il protagonista della
vicenda filmica a proiettarsi in avanti nel futuro di oltre 800.000 anni,
spezzando in tal modo il destino. A
questo modo può intervenire seppure futuristicamente mascherato il tema del
ricambio sociale, già affrontato da Swift nel Settecento colla satira. Unitamente continua a farsi strada il mito
del Buon Selvaggio, che il Novecento ha tuttavia trasformato in Cattivo
Selvaggio, ma già nel bisnonno di Simon avevamo a che fare con un selvaggismo
decaduto. Il romanzo ci svelava infatti
che nell’anno 802.701 (il che è come dire 2000…) l’evoluzione e la relativa
involuzione ad essa inerente avrebbero portato l’umanità ad un bivio: da una
parte gli Eloi, dediti ad un <comunismo primitivo> e costituenti una
società senza malati né vecchî (19); dall’altra i Morlock (20),
creature sotterranee e demoniche cannibalisticamente dedite al sacrificio. Come afferma il testo in causa (21),
gli Eloi erano stati l’aristocrazia dell’umanità in un tempo precedente ed i
Morlock i servi meccanici degli Eloi. Col tempo le cose si erano però
invertite. Insomma, se volessimo trarre
una morale da siffatta condizione futura – non a caso ambientata nel … Duemila
– potremmo affermare che George Wells ebbe la coscienza
<apocalitticamente>, pur in un contesto prossimo al socialismo utopico di
Fine Ottocento anziché al cristianesimo, che la macchina prima o poi avrebbe
«divorato l’uomo».
Nel film del pronipote, ambientato non a
Londra ma a N.York (22), il ritratto del mondo sotterraneo è
maggiormente esasperato rispetto all’originale letterario. Le creature bestiali che lo popolano appaiono
simili a spiriti delle tenebre mentre si pascono della comune umanità, ridotta
al rango di larve umane. Ciononostante è
solamente in costoro che è rimasto qualcosa dell’antico dono della vita, gli
altri appaiono creature infernali. Alla
fine s’arriva a scoprire che i Morlock sono in realtà creature guidate come
marionette dalla mente d’una figura demiurgica non meglio definita e che potremmo
chiamare platonicamente il ‘Nómos’, dal momento che non è presente nel
romanzo. Sebbene nel film si presenti
solamente come uno dei tanti loro dominatori ed i titoli di coda l’annuncino in
modo sibillino quale Ubermorlock.
L’equivoco
9
personaggio, gelidamente ma splendidamente interpretato da Jeremy Irons, conosce il senso di tutto il viaggio di Alexander e gli svela che, utilizzando i mezzi tecnologici piú sofisticati quali il controllo del pensiero (richiamo inevitabile sul suolo americano all’Mk-Ultra?), lui e i suoi pari hanno potuto assoggettare i Morlock e spingerli contro gli Eloi. L’avversario del protagonista sta a costui esattamente come l’Avversario stava all’Eroe nelle rappresentazioni mitiche arcaiche. Vale a dire, non è anche questa una metafora del nostro tempo – pur se inconsapevole persino nelle intenzioni del regista – in cui osserviamo la Confraternita (a quanto si vocifera) dirigere segretamente le cose del mondo da bunker sotterranei, cercando assurdamente di produrre mostri ed alieni allo scopo di sperimentare una specie di vita parallela che nulla ha a che fare colla stirpe adamica ed evaica e colle creature animali che quietamente si tramanda li circondassero nel leggendario giardino edenico?
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personaggio, gelidamente ma splendidamente interpretato da Jeremy Irons, conosce il senso di tutto il viaggio di Alexander e gli svela che, utilizzando i mezzi tecnologici piú sofisticati quali il controllo del pensiero (richiamo inevitabile sul suolo americano all’Mk-Ultra?), lui e i suoi pari hanno potuto assoggettare i Morlock e spingerli contro gli Eloi. L’avversario del protagonista sta a costui esattamente come l’Avversario stava all’Eroe nelle rappresentazioni mitiche arcaiche. Vale a dire, non è anche questa una metafora del nostro tempo – pur se inconsapevole persino nelle intenzioni del regista – in cui osserviamo la Confraternita (a quanto si vocifera) dirigere segretamente le cose del mondo da bunker sotterranei, cercando assurdamente di produrre mostri ed alieni allo scopo di sperimentare una specie di vita parallela che nulla ha a che fare colla stirpe adamica ed evaica e colle creature animali che quietamente si tramanda li circondassero nel leggendario giardino edenico?
La metafora dei due Wells, volendo
concludere, non è ambientata nella geografia esteriore, ma piuttosto in quella
interiore. Sarà cosí che potrà
finalmente ricominciare per i protagonisti una serena vita di coppia, in fondo
la vera meta del vivere. Non ci furono
in origine unicamente il Padre, la Madre e il Figlio, tanto a livello divino
quanto umano…? E non era certo a caso
che lo scrittore s’era fatto scappare in un capitolo (23), riguardo le
genti da lui visitate, la definizione di “quegi esseri dell’Età dell’Oro”. Quantunque si abbia ivi a che fare con un’età
aurea vissuta furtivamente, ossia attraverso la cortina fumogena d’un sogno
irreale.
Note
(*) Il riferimento è al 2009.
(1) H.G. Wells, La Macchina del Tempo-
Rizzoli, Milano 1959, Nota di R. De Michele, p.9.
(2)
Tit.or. The Time Machine, tit.ital. L’uomo
che visse nel futuro.
(3)
Il termine inglese equivalente è science-fiction,
cioè ‘fintascienza’.
(4)
A.Graf, Miti, leggende e superstizioni
del Medioevo- Loescher, Torino 1892, Vol.I, Cap.IV del primo art. n.num. sgg.
(5)
Altre se ne sono aggiunte, chiaramente, dopo
le preziose scoperte di antichi manoscritti del XX sec.
10
(6) La fiaba è stata oggetto d’un nostro allestimento per burattini e come tale riprodotta nel secondo episodio, omonimo, del corto Il gusto dell’animazione, 1998.
(7)
Per un riferimento letterario nostrano cfr.
la fiaba n.27 della classica raccolta di I.Calvino (Fiabe italiane-
Einaudi, Torino 1956, Vol.I, pp. 92-4), ma esistono anche una forma toscana ed
una celtica della stessa storia, nelle quali il riferimento al Paradiso
Terrestre è piú esplicito.
(8)
Per un approfondimento rimandiamo ad
A.Bausani, La letteratura neopersiana- Sansoni/ Accademia,
Firenze-Milano 1968, Cap.IV, p.446 ss.
Vedi inoltre G.Acerbi, Sulle tracce del Simorgh. Il simbolismo
ornitomorfico nel primo poema di Farid ud-Din Attar- Hera (mag. ’09),
N°113, Binasco (Pv) 2009 sgg.
(9)
Vedi la pellicola di K.Neumann Kronos, il
conquistatore dell’universo, 1957.
(10)
Altro film, di cui purtroppo non ci vengono
in mente né titolo né autore.
(11) L. G. De Anna, Thule.
Le fonti e le tradizioni- Il Cerchio, Rimini 1998, Cap.I, § 2 sgg.
(12) F. Le Roux, La religione dei Celti, apud
AA.VV., Slavi, Balti, Germani e Celti- Laterza 1977 (ed.or. Parigi ‘70), pp. 141-2.
(13) Ibîd., p.141.
(14) M.A. Grignani (a c. di), La navigazione
di San Brandano- Bompiani, Milano 1975.
(15) Ibîd. come alla 4.
(16)
Cfr. A.K. Coomaraswamy, Khwaja Khadir and the Fountain of Life in the
Tradition of Persian and Mughal Art (art. raccolto nella coll.post. What
is Civilization?- Oxford Un., Oxford
et al.1989, p.161).
(17) Del
filosofo elisabettiano si può dire che abbia rappresentato in negativo tutto
ciò che dopo in positivo fu rappresentato da I.Newton.
(18) Un panorama completo ed esauriente delle
esplorazioni rinascimentali e dei grandi navigatori che solcarono gli oceani
dopo la scoperta dell’America da parte di Colombo è reperibile in J.H.Parry, Le
grandi scoperte geografiche- Il Saggiatore, Milano 1963 (ed.or. Londra ‘62).
(19) Ibîd. come alla 1, Capp. IV, pp. 43-6
e V, p.61.
(20) Come giustamente ci ha suggerito il dott.
Albrile, il nome si rifà visibilmente all’ebr. Moloch, termine che
effettivamente in lingua inglese è comunemente usato quale sinonimo di
sacrificio inutile.
(21) Cap.VII, p.83.
(22) Per incongruenza colla geografia locale della
Baia di Hudson, formata dall’omonimo fiume, nell’opera del discendente viene
lasciata l’ambientazione originale d’un paesaggio posto sul declivio d’una
vallata, come se fosse il Tamigi molto millennî dopo.
(23) Cap.V, p.61.
Indice delle Illustrazioni
1. L’Eden come Vaso, immagine d’un viaggio interiore
di perfezionamento, speculare in senso microcosmico a quella macrocosmica del
Paradiso come Monte (Wynandus de Stega, disegno da manoscr.
vaticano, Codex Palat. Latinus, XV sec., Bibliot. Vatic., Roma).
2. L’Eden quale perno della Ruota del Tempo prima
e dopo la Cacciata (G. di Paolo, Cacciata dal Giardino, Coll.
Lehman, N.York, XV sec.).
3. Viaggio dell’anima d’un vecchio saggio (Zâl,
alter-ego di Zurvân Akârana, il Tempo Infinito) sulle possenti ali
del Sîmorgh verso la vetta del mitico Monte Elburz, dove cresce
il sacro Haoma (Anon., miniatura persiana, framm. d’uno Shâh
Nâma di Tabriz, XIV sec., Bibliot. Topkapu Sarayi, Istanbul).
4. Il Dio Tredici tolteco in asse coll’Albero
Cosmico ed in posizione d’orante nell’atto d’invocare benedizioni su tutto
l’universo, dal vertice della Montagna Sacra ed in mezzo ai Dodici Dei stellari
(J.J.Hoil, disegno da manoscr. maya, Chilam Balam di Chumayel,
1782 ).
5.
Id. (guaché dell’A., onde meglio evidenziare il soggetto, 1980 c.).
6. Yama, il Primo Morto, e il sacro Monte Sumeru
col suo riflesso infero, il Monte Kumeru: al centro dei due monti sta un
Vaso Sacrificale, emblema degli Antenati primevi (Anon., pittura murale himalayana di stile indiano e popolareggiante, monastero
di Lachung, Sikkim, XVIII-IX sec.).
7. Linga di Śiva a mo’ di Monte Kailâs,
un doppione del Meru (stalagmite di ghiaccio
scioglientesi periodicamente d’una grotta montana del Kashmîr,
circondata da molti asceti ed oggetto d’intensi pellegrinaggî rituali).
8.
Il Profeta Elia (figura
alternativa a quella di Mosé o di Alessandro) e Khizr, santo patrono
dei viaggiatori islamici, immergentisi nella Fontana della Vita (A.A. al-Harawî, miniatura persiana, Khamsa di Jâmî, 1531, Trinity
Coll., Cambridge ).
9. Rappresentazione schematica del pellegrinaggio
alla Mecca, dove i pellegrini debbono fare 7 giri in senso polare attorno alla Ka’aba,
come se fosse l’Orsa (Anon., disegno da manoscr. islamico del XVI
sec., Biblioth. Nation., Parigi).
10. Immagine di Robinson Crusoe nell’isola
semideserta (N.C. Wyeth, illustraz., 1920).
11. Immagine di Gulliver a Lilliput (A. Rackham, illustraz., 1909).
12. Alexander ed Emma proco prima dell’inevitabile
dramma della morte di lei (S. Wells, 2002, The
Time Machine, foto di scena).
13. La speciale macchina di
Alexander, fatta d’ottone, per viaggiare nel tempo ( id.).
14. Guy Pearce nella parte di Alexander,
mentre viaggia colla Macchina del Tempo attraverso il Passato e il Futuro ( id.).
15. I Morlock ( id.).
16. Jeremy Irons nella parte dell’Ubermorlock , P.P. (id.).
17. Ubermorlock, C.I. (id.).
18. Ritratto di Mara, la Weena del
romanzo, P.P. (S. Wells, 2002, The Time Machine,
foto di scena).
19. Id.,
P.I. (id.).
20. In una fragile sfera di
cristallo, che sboccia da un fiore, due amanti paiono rinnovare il mistero
della coppia originaria (H.Bosch, dett. dal Giardino delle
Delizie, Mus. del Prado, Madrid).
21. Gli Amanti, presso la Montagna del Paradiso
Terrestre (carte tradizionali, VI Lama, Tarocco
inglese .
Fonti
1. E.Neumann, The Great Mother-
Bollingen, Princeton, p.n.num., tav.169.
2.
AA.VV., Enciclopedia
delle Religioni- Vallecchi, Firenze 1970, Vol.I, a fr. di pp. 1057-8,
tav.82.
3. B.Gray, Persian Painting-
Skira/ Rizzoli, Ginevra/New-York 1977,
p.41, fig. n.num.
4.
R.Girard, La
Bibbia maya- Jaca Book, Milano 1976, p.54, fig.8.
5.
Collez. pers.
6.
M.Singh, Arte
himalayana- Silvana, Milano 1968, p.249, fig. n.num.
7. Collez. pers.
8. L.Binyon et al., Persian
Miniature Painting- Dover, N.York 1971, p.n.num., tav. XC- A.
9. J.C. Cooper, An Illustrated
Encyclopaedia of Traditional Symbols-
Thames and Hudson, Londra 1978, p.91, ill. in alto.
10.
Illustr. del Wyeth,
dal web.
11.
Illustr. del
Rackham, dal web.
12.
Foto di scena
pubblicitaria, dal web.
13.
Scannerizzazione
personalizzata tratta da un’immagine della sovracopertina anteriore della vhs
del film The Time Machine, di S.Wells, Dreamworks & Warner Bros. 2002, in bas.
14.
Foto di scena
pubblicitaria, dal web.
15.
Scannerizzazione
personalizzata tratta da un’immagine della sovracopertina posteriore della vhs
del film The Time Machine, di S.Wells, Dreamworks & Warner Bros. 2002, in alto a sin.
16.
Foto di scena
pubblicitaria, dal web.
17.
Foto di scena
pubblicitaria, dal web.
18.
Scannerizzazione
personalizzata tratta da un’immagine della sovracopertina posteriore della vhs
del film The Time Machine, di S.Wells, Dreamworks & Warner Bros. 2002, in alto a des.
19.
Scannerizzazione
personalizzata tratta da un’immagine della sovracopertina anteriore della vhs
del film The Time Machine, di S.Wells, Dreamworks & Warner Bros. 2002, in al.
20.
AA.VV., Enciclopedia
delle Religioni- Vallecchi, Firenze 1970, Vol.IV, tav.94, a fr. di pp.
1569-70.
21. P.D. Ouspensky, The Symbolism of the Tarot…- Dover, N.York 1976, tav. in cop.mob. (Lama VI).
21. P.D. Ouspensky, The Symbolism of the Tarot…- Dover, N.York 1976, tav. in cop.mob. (Lama VI).
Fig.1
Fig.2
Fig.4
Fig.5
Fig.6
Fig.7
Fig.8
Fig.9
Fig.10 | ||
Fig.11
Fig.12
Fig.13
Fig.14
Appendice
Riportiamo
qui i due video tratti dai rispettivi film sulla 'Macchina del Tempo'
ai quali si fa cenno nel testo di quest'articolo, uno del 1960 (Time Machine ovvero L'Uomo che visse nel futuro, di George Pal) e
l'altro il remake del 2002 (Time machine ovvero La macchina del tempo, diSimon Wells). Segue un terzo video, tratto dal film del 1979 L'uomo venuto dall'impossibile (cioè Time after Time, di N.Meyer): questo film intermedio non è ispirato al romanzo, ma immagina che l'autore prima di scriverlo abbia creato una vera macchina con cui viaggiare nel tempo, e finisce per arrivare nel mondo contemporaneo, così com'era nel 1979.
(di G.Pal, 1960)
(2002, di S.Wells)
Altro link interessante è quello sul viaggiatore del tempo che afferma di provenire dal 2036 e
parla della Terza Guerra Mondiale:
In ultimo, ecco un video che tratta del cronovisore, una misteriosa macchina creata da un monaco benedettino, capace di captare suoni ed immagini delpassato. Infatti ogni essere vivente lascia dietro di sé una scia magnetica che può essere recuperata in situazioni speciali o con mezzi appositi. I fantasmi agiscono in tal maniera. Non sono eventi reali, ma simulacri di eventi già trascorsi, che la mente attraverso i sensi può carpire.